Parlando alla testata inglese The Guardian, Peter Moore (oggi presso EA ma per anni presidente Sega of America) si prende piena responsabilità della “fine” commerciale del Dreamcast decisa all’inizio del 2001 con un annuncio ormai entrato nella storia.
Lo stesso Moore giustifica pienamente questa decisione conl’impossibilità di contrastare PlayStation 2 (sia come vendite, siacome supporto degli sviluppatori) e riconquistare quell’ampia fetta dipubblico delusa dalla precedente esperienza del Saturn, console sepossibile ancore più sfortunata del Dreamcast.
Per queste e altre ragioni, la casa di Sonic non riuscì a centrarele aspettative di vendita, più volte documentate anche su questepagine, dovendosi rassegnare all’abbandono del mercato hardware. Ma,soprattutto, a chiedere “umilmente” i kit di sviluppo agli exconcorrenti Sony e Nintendo.