Oggi vi parliamo di un bellissimo libro scritto da Paolo Soldano, che si occupa di Comunicazione
alla Camera di Commercio Italiana in Giappone, a Tokyo.
Paolo vive in Giappone da quasi 4 anni ed ha quindi avuto modo di addentrarsi nell’intricata società
giapponese, prendendo coscienza di tutti gli aspetti di un popolo e di una nazione assolutamente
affascinanti ma altrettanto difficili da comprendere per uno straniero.
Tutte queste esperienze, come Paolo racconta nell’introduzione, sono state raccolte in un
libro: “Giapponesi si nasce”.
“Guardiamo senza essere guardati” è una delle dieci cose che i giapponesi non ammetteranno mai.
E’ quello che ho imparato a fare anch’io nel corso dei miei primi tre anni in Giappone, dove mi è
stato predetto che avrei partorito senza dolori, sono passato per il fallimento della scuola nella quale
insegnavo italiano a Osaka (che mi ha portato alla disoccupazione e all’iscrizione a un sindacato
giapponese), e ho (ri)cominciato a fare (questa volta un po’ più seriamente) il giornalista a Tokyo.
Nel frattempo, ho scoperto che i ladri di mutandine non sono una leggenda, che c’è qualcuno che
vorrebbe una legge sul matrimonio tra umani e personaggi di manga e anime, che per conquistare
una giapponese bastano 14 minuti, e che in caso di un terremoto di 7,3 di magnitudo a Tokyo ci
sarebbero 810.000 persone alla disperata ricerca di un bagno.
“Giapponesi si nasce” raccoglie esperienze, visioni, frammenti di vita quotidiana di un giornalista
nella terra del Sol Levante, un mondo in cui ogni giorno non è mai uguale al precedente: testi
brevi e curiosi, istantanee divertenti, per chi ha voglia di scoprire un po’ di più il Giappone, le sue
contraddizioni e le sue peculiarità.
Mi sono limitato a guardare, osservare e cercare di capire senza troppe pretese: perché il Giappone è
un insieme di luoghi nei confronti del quale esistono solo diversi gradi di ignoranza.
L’appendice (“Quando la lingua la si inventa – Le migliori frasi degli studenti giapponesi a lezione
di italiano”) dà voce ai tanti giapponesi che, nel periodo in cui insegnavo la lingua di Dante,
scelsero come hobby, invece di collezionare orsacchiotti o giocare a tennis, lo studio dell’italiano.
Grazie alla loro sgrammaticata saggezza, ho capito che “non è sempre bisogno pasta”, “forse non
andrò ovunque” e “non c’è nessuno senza io”.
I giapponesi sono molto più simili a noi di quanto crediamo: è solo che riescono a nasconderlo
molto bene.
Il libro è edito da Aletti e lo trovate soprattutto on-line (Amazon, Feltrinelli ecc.) ma in qualche
libreria (www.giapponesisinasce.com per dettagli) al costo di 14 euro.
Se volete QUI trovate il gruppo ufficiale su Facebook
Abbiamo intervistato Paolo, facendogli alcune domande sulla sua condizione di italiano all’estero,
argomento di assoluta attualità negli ultimi mesi:
DONDAKE: Fuga di cervelli all’estero. Qual è la tua opinione?
PAOLO: Penso che sia un peccato, perché bisognerebbe creare le premesse per cui un ricercatore, un dottorando,
anche un semplice laureato con delle idee, possa trovare delle condizioni favorevoli per iniziare o proseguire
i suoi progetti (e qualcosa si è mosso, recentemente, almeno sul fronte “rientro dei cervelli”, con il disegno
di legge bipartisan che prevede agevolazioni tra il 20 e il 30% per tre anni a partire dal 2011 per i ricercatori
italiani che tornano in patria, a patto che stiano almeno 5 anni in Italia). Al di là del fatto che molto spesso ci
si stabilisce all’estero non per motivi economici, ma per necessità di trovare un lavoro e di mettersi in gioco
in ambienti stimolanti, bisognerebbe anche sfatare un certo mito che vede tutti gli espatriati, indistintamente,
come “buoni cervelli”. Beh, non è sempre così.
DONDAKE: Vivere a Tokyo: ti trovi bene?
PAOLO: Tokyo è una città molto stimolante, non tanto e non solo per la sua conformazione, ma soprattutto per quello
che riesco a fare all’interno di essa. Insomma mi trovo bene, ma sono consapevole che si tratta di un mio
stato d’animo: ad altri Tokyo potrebbe anche non piacere, e non risultare così affascinante.
DONDAKE: Hai intenzione di tornare in Italia?
PAOLO: No, almeno per il momento. Abito in Giappone da quasi 4 anni ormai (prima a Osaka, adesso Tokyo), ed è
un Paese da cui mi aspetto ancora molto. Magari rimarrò qui per 2 anni, magari per 20. Chissà. Comunque
qui ho messo radici, anche perché mi sono sposato con una ragazza giapponese.