Non più pranzi francesi, case americane, amanti latini. Piuttosto, solidi mariti cinesi. Questo sembra essere l’ultimo sogno delle determinate ragazze giapponesi in cerca di sistemazione, ed è un’idea che a Pechino somiglia a un sogno italiano degli Anni 60, quello di un’invasione di bionde valchirie nordiche in cerca di sposi. Ma in Giappone, arcipelago insulare nell’anima, sembrava impossibile. Certo, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, quando Tokyo era sotto amministrazione americana, molti veterani tornarono a casa con mogli dagli occhi a mandorla. Poi non più, almeno fino a oggi, quando assistiamo a una grande inversione di tendenza, almeno secondo il «Quotidiano del Popolo» cinese: nell’ultimo anno c’è stato un 30% in più di donne giapponesi che hanno sposato cinesi.
Secondo il quotidiano, «un rappresentante dell’istituto giapponese di ricerche e informazione sulla Cina ha raccontato al nostro corrispondente che il rapido sviluppo dell’economia cinese e il fatto che i cinesi stanno diventando ricchi sono le ragioni principali per cui le ragazze nipponiche hanno cambiato i loro gusti». I numeri per la verità rimangono limitati: 1500 nel 2008. Ma è l’incremento più importante mai visto, e indica un tendenza, secondo il giornale. Altri motivi sono il fatto che in Giappone, diversamente che in Cina, ci sono più donne che uomini, e gli uomini cinesi, si dice a Pechino, si occupano di più della moglie e della famiglia rispetto ai giapponesi.
In realtà, la gara di maschilismo tra le due sponde del mar Giallo è dura e il vincitore non è scontato. In Cina, dicono gli uomini di qui, decenni di egualitarismo comunista hanno prodotto maschi cinesi che in casa cucinano e aiutano la moglie. Gli uomini giapponesi si dicono increduli e spiegano che in casa la donna giapponese ha una forza senza pari. In realtà, dicono i nipponici, si sono comportate come le ragazze di Shanghai, che in Cina hanno fama di scegliere il marito in base al suo conto in banca. «Mah – sospira per telefono un anziano professore dell’Università di Tokyo, che lì ha il ruolo anche di paterno consigliere di molti studenti in questioni private –. Di vero c’è che le ragazze giapponesi temono la suocera giapponese».
C’è poi un aspetto politico: tra i due Paesi è in corso un continuo e tenace lavorio di riavvicinamento. Martedì, contro il parere della destra nazionale, l’imperatore Akihito ha incontrato il vicepresidente cinese Xi Jinping, che dovrebbe diventare capo dello Stato a marzo del 2013. L’incontro era voluto dal neo premier nipponico Yukio Hatoyama che sta cercando di costruire rapporti migliori e più cordiali con il vicino.
Dal canto suo il governo cinese sta cercando di smorzare i profondi sentimenti anti giapponesi dei «giovani arrabbiati», una galassia informe di ragazzi che si mobilita su Internet per ogni causa nazionalista e si infuria per ogni cedimento al «nemico imperialista» di Tokyo. Solleticarli nel loro giovane orgoglio maschile con la prospettiva di una moglie giapponese è stato un colpo sotto la cintura da parte del «Quotidiano del Popolo». Lei, nell’immaginario tradizionale cinese, formato sulla base dei racconti delle famiglie degli occupanti nipponici degli Anni 30 e 40, è un mito. È ossequiosa, reverente, dedita alla famiglia, ai suoceri, un passo dietro al marito; è il paradiso dello sposo, la santa immolata sull’altare del matrimonio.
Fino a ieri era inarrivabile. Impensabile, per un cinese, sperare di sposare una donna giapponese con un tenore di vita tanto più alto di quello dell’uomo. Il marito avrebbe perso la faccia ad abbassare le condizioni di vita della moglie. Ma ora che la Cina si appresta a superare il prodotto lordo del Giappone e che le condizioni di vita a Pechino possono essere come e meglio di Tokyo, il sogno può diventare reale.